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Taggato: alienazione parentale rifiuto
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Quando un figlio rifiuta ogni contatto con uno dei suoi genitori, quando un genitore, che ha subito un tradimento e un abbandono, cerca nel figlio un alleato per la sua battaglia contro l’altro, si parla di alienazione parentale.
Tale comportamento fu teorizzato nel 1985 dal medico statunitense Gardner che cercò di fornire una prima descrizione del disturbo, classificato come ‘sindrome da alienazione genitoriale’o PAS dall’inglese “parental alienation syndrome”
Per diagnosticare clinicamente tale situazione si ritengono necessari otto elementi, tutti caratterizzati dall’alleanza acritica con un genitore, alleanza di comportamento, di pensiero, di schieramento…
Non interessa tuttavia affermare l’esistenza di una sindrome che sia o no scientificamente riconosciuta, ma è incontestabile la sottile, perversa strategia che un genitore, giorno dopo giorno, parola dopo parola mette in atto per creare un vuoto tra il proprio figlio e l’altro genitore, fino a trasformarlo in un fossato senza ritorno.
La giurisprudenza anche della Cassazione e della CEDU non ha ancora assunto una posizione uniforme, ma, al di là del nome e delle sigle, appare importante affrontare il cuore del problema e intervenire con competenza e sensibilità.
Il tema vede oggi schierati fronti opposti, tra chi ne contesta l’esistenza , chi lo definisce strumentale ai padri separati,chi ritiene che metta a rischio la tutela dei figli contro la violenza di un genitore( in genere il padre)
Nel superiore interesse del minore, bussola di ogni decisione che riguarda l’ambito familiare, occorre invece sapere e potere individuare sul nascere i segnali anche deboli che possono portare al rifiuto talora irreversibile.
Interventi mirati, caso per caso, pensati in rete tra mondo della scuola, del diritto e dell’aiuto psicologico potranno evitare che possano esistere, come purtroppo esistono,bambini orfani di genitori vivi.Cara Lucrezia, al di là dell’esistenza scientifica dell’alienazione parentale mi pare preminente che i giudici e gli avvocati adottino le necessarie cautele – nel processo – per salvaguardare la serenità del minore e tentare, con ogni mezzo, di prevenire situazioni di violenza domestica che mi appaiono particolarmente pericolose, in questo contesto mi sembra che il ruolo dell’avvocato mediatore si afondamentale. Tu che ne pensi in particolare ? So che il Decreto Pillon oggi all’esame del parlamento è nella direzione di rendere la mediazione obbligatoria e di evitare il conflitto processuale sottraendo di fatto al giudice ogni potere circa l’affido che sarebbe automatico in capo a tutti i due genitori, salvo situazioni patologiche. Tu che ne pensi ? Allego il Disegno di legge.
Un caro saluto
MariaAttachments:
Carissima e carissimi tutti, mi fa piacere che, probabilmente leggendomi nel pensiero, Maria abbia subito fatto riferimento alla proposta di legge Pillon. Disegno che parte da un’esigenza sentita e necessaria: la riforma del diritto di famiglia in un’ottica di riequilibrio dei rapporti tra i protagonisti di tutte le vicende familiari, nonni compresi. Una proposta tuttavia declinata in modo confuso e superficiale e che presta il fianco a critiche e reazioni altrettanto confuse e superficiali. Questo disegno di legge sembra voler considerare la famiglia che si separa una sorta di tavola pitagorica, dove i tempi e i conti devono tornare esattamente divisi a metà. In realtà così non è e non può essere, ma la reazione violenta e talvolta addirittura insultante verso i firmatari del disegno di legge ha fatto sì che non ne sia nata una costruttiva dialettica, ma si siano radicalizzati schieramenti opposti e pertanto altrettanto errati. La mediazione familiare ha avuto con l’avvocatura un rapporto all’inizio non facile perché si ritenevano gli avvocati geneticamente incompatibili, essendo di parte, con la mediazione stessa. In realtà, prescindendo ovviamente dal ruolo in cui l’avvocato sia difensore di una delle parti, egli può benissimo esercitare il ruolo di mediatore. Occorre peraltro distinguere tra chi per lunga esperienza aggiunta a sensibilità personale eserciti tale ruolo con modalità non basate su studi specifici e chi invece abbia acquisito il titolo di mediatore familiare. Il ddl Pillon è stato criticato perché prevede un primo incontro obbligatorio di mediazione, peraltro a quanto pare gratuito; vero è che se le parti non collaborano la mediazione diventa più difficile, ma altrettanto vero è che un bravo mediatore in un primo incontro può rendersi conto se ci sia terreno su cui lavorare e che comunque anche oggi molte coppie arrivano alla mediazione su invio dei tribunali. Ancora una volta dunque si tratta di intendersi e cercare di arrivare rapidamente a un risultato che abbia un senso . Tornando al tema della alienazione parentale sono convinta che la mediazione, purché sia tempestiva e competente, sia uno dei pochi, se non l’unico strumento per bloccare al più presto possibile il nascere di situazioni che possono diventare devastanti. Il ddl Pillon prevede in casi estremi l’allontanamento dalla famiglia del minore, talvolta ciò già è avvenuto, ma a questo punto a mio avviso il tessuto familiare è ormai lacerato. Occorre intervenire presto soprattutto sul genitore che si sente abbandonato o tradito o solo: occorre,se necessario ,intervenire anche con prescrizioni giudiziarie pesanti ,per far capire che, salvo ovviamente casi di violenza e di abuso sui minori, l’altro può essere stato un pessimo compagno di vita, ma rimane pur sempre la madre o il padre del proprio figlio
Non so quanto possa il Giudice intervenire per scongiurare che si mettano in atto comportamenti tali da arrivare ad una PAS.Credo che la sensibilizzazione debba avvenire a monte. Bisogna parlarne in ogni contesto possibile: nell’ambito scolastico,medico, lavorativo.A mio avviso il Giudice e gli avvocati nella separazione consensuale dovrebbero essere garanti degli interessi dei minori. Nelle separazioni giudiziali la decisione spetta al Giudice e già ora mi sembra abbia tutti gli strumenti per un intervento impositivo a tutela dei minori. Il problema sorge dopo.Infatti,usciti dalla sfera del giudizio,può succedere che la vendetta si esplichi attraverso la coercizione diretta o indiretta della volontà del minore al punto di allontanarlo definitivamente dall’altro genitore, il quale a sua volta,il più delle volte lascia perdere, rendendosi così complice del misfatto.Se si ricorre al Giudice tutelare qualcosa si può ottenere.Ma ripeto nella maggioranza dei casi la situazione si evolve senza che si cerchi una soluzione ricorrendo all’autorita’ giudiziaria.Frase che ho sentito tante volte:”Quando sarà grande capira’”
Il disegno legge Pillon non mi piace.Troppa intromissione nella famiglia.La figura del mediatore che incombe.Previsto anche per il divorzio.I nonni nel conflitto,follia pura.L’addebito tolto . La norma relativa alla casa coniugale contraddittoria in più punti e insensibile all’interesse del minore.
In ogni caso ha ragione Lucrezia importante è il confronto sereno,altrimenti si correrà il rischio di trovarsi comunque a dover interagire con una legge veramente brutta.E’ vero il giudice ha già degli strumenti, primi tra tutti quelli previsti dall’art 709 ter cpc e che vanno dal semplice ammonimento a provvedimenti di natura risarcitoria.
Tuttavia i Tribunali con fatica applicano tali norme quando vi siano quelli che abbiamo chiamato i prodromi della Pas o come la si voglia chiamare, non ritenendo sussisterne i presupposti quando ad esempio un genitore non impedisca formalmente i rapporti del figlio minore, anche molto piccolo, con l’altro genitore, ma di fatto sottilmente metta in atto ricatti affettivi che danno luogo a conflitti di lealtà e infine al rifiuto.
Anche se, a mio avviso, un risarcimento pecuniario non pare essere provvedimento utile per il minore; andrebbero invece pensate modalità serie di ripristino dei rapporti, tempestive, efficaci, concrete.
Provvedimenti che, se non osservati dalle parte interessate, portassero a serie conseguenze personali. -
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