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Tizio viene tratto in arresto perché gravemente indiziato dell’omicidio della moglie subisce un lungo periodo di custodia cautelare oltre che un lungo processo penale all’esito del quale, viene assolto con formula dubitativa. Chiede pertanto la cancellazione di tutti gli articoli di stampa postati su internet in ordine alla sua vicenda processuale ma non riceve risposta dal gestore del motore di ricerca cui si era rivolto in via stragiudiziale. Il candidato svolga parere motivato in merito alla tutela giurisdizionale eventualmente azionabile da Tizio.

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Viene richiesto di redigere parere motivato al fine di valutare quali rimedi giurisdizionali siano esperibili da Tizio per tutelare i suoi diritti tenuto conto che egli, dopo un lungo processo penale all’esito del quale veniva assolto dall’accusa di omicidio, aveva richiesto infruttuosamente al gestore del motore di ricerca – in sede stragiudiziale – la cancellazione di tutti gli articoli di stampa postati in internet in ordine alla sua vicenda processuale.

In via preliminare occorre prendere in esame il diritto di cronaca e il diritto alla riservatezza e all’oblio dovendosi valutare, nel caso di specie, quale dei due diritti di rilievo costituzionale prevalga nel giudizio di bilanciamento.

Il diritto di cronaca, ossia il diritto di raccontare accadimenti reali per mezzo stampa (intesa anche, a seguito della digitalizzazione, quella online) ed espressione della libertà di espressione, trova il suo fondamento, a livello nazionale, nell’art. 21 della Costituzione e, livello comunitario, negli artt. 10 CEDU e 11 della Carta di Nizza. La stampa gioca un ruolo fondamentale in una società democratica ed è suo preciso dovere divulgare notizie ed opinioni con riferimento a tutte le questioni di pubblico interesse. I giornalisti, tuttavia, sono soggetti a doveri e responsabilità come previsto dalla legge sulla stampa (L. n. 47 del 1948) e dal loro codice deontologico. La tutela accordata a questi ultimi, a livello comunitario e nazionale, è, infatti, subordinata – come previsto dall’art. 10 CEDU – alla condizione che essi agiscano in buona fede per fornire informazioni accurate e affidabili in conformità con i principi del giornalismo responsabile e nel rispetto dei diritti inviolabili della persona tutelati all’art 2 Cost tra cui sono ricompresi l’onore e la reputazione e il diritto alla riservatezza e all’oblio.

In primo luogo, infatti, l’esercizio del diritto di cronaca non deve ledere, l’onore e la reputazione di un soggetto altrimenti sarà fonte di responsabilità ex art. 2043 c.c. da diffamazione a mezzo stampa. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che tale lesione non sussiste e, quindi, la diffusione a mezzo stampa delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca in presenza di tre presupposti: la verità oggettiva purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca tenuto conto della gravità della notizia pubblicata, l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (c.d. pertinenza) e la correttezza formale dell’esposizione (c.d. continenza). (Cass. civ. 1435/2015)

Il diritto di cronaca e, in particolare, il diritto di cronaca giudiziaria, deve essere bilanciato, altresì, con il diritto alla riservatezza e con il diritto all’oblio ossia il diritto che determinate vicende personali siano pubblicamente dimenticate. Il diritto alla riservatezza, di cui il diritto all’oblio costituisce una sottospecie, è un diritto inviolabile dell’uomo ricompreso nel novero dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost. e tutelato a livello nazionale dal Codice della Privacy (recentemente modificato per mezzo del recepimento del Regolamento UE 679/2016) e, a livello comunitario, dall’art. 8 e 10 CEDU e dall’art. 7 e 8 della Carta di Nizza, che si trova spesso a confliggere con la libertà di espressione e il diritto fondamentale di cronaca di cui all’art. 21 Cost.

Ciò che conta, secondo la giurisprudenza, ai fini del corretto bilanciamento tra questi due diritti è l’essenzialità dell’informazione e dell’interesse pubblico alle notizie divulgate.

Il diritto del soggetto a pretendere che proprie passate vicende personali siano pubblicamente dimenticate ossia il diritto all’oblio (tutelato a livello comunitario dall’art. 16 e 17 del Regolamento 679/2016), infatti, trova un limite nel diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo e attuale alla loro diffusione nel senso che quanto accaduto recentemente trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l’attualità. Altrimenti viene ad essere violato il diritto alla riservatezza mancando la concreta proporzionalità tra la causa di giustificazione (il diritto alla cronaca) e la lesione del diritto antagonista. (Cass. civ. n. 16111/2013).

La Corte di Cassazione, inoltre, si è recentemente pronunciata stabilendo che le condizioni in presenza delle quali il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione a favore del fondamentale diritto di cronaca. Queste condizioni sono: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo e attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui ovvero per scopi scientifici e culturali); 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato per la peculiare posizione nella vita pubblica del paese; 4) le modalità impiegate per ottenere o nel dare l’informazione che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo nell’interesse del pubblico e scevra da insinuazioni o considerazioni personali sì da evidenziare un esclusivo interesse alla nuova diffusione; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico. (Cass. civ. n. 6919/2018)

Ciò posto, applicando la normativa e i principi giurisprudenziali al caso di specie si può dedurre che alcuna delle condizioni prospettate dalla giurisprudenza di legittimità sussiste al fine di far prevalere il diritto alla cronaca rispetto al diritto all’oblio. In particolare non sussiste alcun interesse effettivo e attuale che possa giustificare la presenza in rete di articoli di stampa inerenti alla vicenda processuale di Tizio se non quello a rendere nota la sua assoluzione piena.

La vicenda giudiziaria, anzitutto, è avvenuta molti anni prima e il fatto di continuare a portare tale notizia alla memoria dei consociati contrasta con l’esigenza di reinserimento sociale del reo (o di colui che, come nel caso di specie, è assolto) che sarebbe in tal modo compromessa dal momento che sarebbe lesa la sua reputazione sociale e, anche dal punto di vista lavorativo, pochi sarebbero propensi ad offrire una qualsiasi mansione a colui che continua ad essere ricordato come autore di fatti criminosi.

Ed, infatti, secondo la giurisprudenza “la diffusione di una notizia con riferimento ad un episodio di cronaca giudiziaria collegata ad una vicenda di molti anni addietro relative ad una parte dell’esistenza della persona ritenuta ormai chiusa rispetto alla quale vuole soltanto essere dimenticato costituisce violazione del diritto alla riservatezza ed è fonte di responsabilità e di risarcimento del danno in capo all’offeso”. (Cass. civ. 16111/2013)

Le notizie contenute negli articoli di stampa qualora non contengano il riferimento all’assoluzione di Tizio, inoltre, oltre che a non corrispondere ad un interesse attuale ed effettivo alla conoscenza del predetto caso non corrispondono neppure a verità che, come detto, è uno dei requisiti richiesti a fini della legittimità del diritto di cronaca.

Tizio, quindi, potrà legittimamente agire per ottenere, in via cautelare e urgente, la cancellazione di tutti gli articoli riguardanti il suo caso in quanto lesivi del diritto alla riservatezza dovendosi ritenere comunque prevalente il diritto all’oblio riguardo alla lunga vicenda giudiziaria e, qualora non contemplino l’assoluzione, in quanto lesivi anche del suo onore e della sua reputazione.

Egli dovrà agire nei confronti dei singoli siti delle testate giornalistiche ove è avvenuta la pubblicazione dell’articolo di cronaca – previa diffida – e potrà agire direttamente in sede giurisdizionale anche nei confronti del motore di ricerca in quanto già diffidato in sede stragiudiziale.

Il gestore di un motore di ricerca, infatti, attesa la lesività degli articoli, come affermato anche dalla Corte di Giustizia dell’Ue sarà comunque obbligato a sopprimere dall’elenco dei risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona tutti collegamenti ai link di pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengono previamente o simultaneamente cancellati da tutte le pagine di cui trattasi. (Corte di Giustizia UE n. 131/2014)

Anziché ricorrere all’autorità giudiziaria Tizio potrà ricorrere al Garante per la tutela della privacy. Ai sensi dell’art. 140 bis del Codice della privacy, infatti, chi si assume pregiudicato nella protezione di dati che lo riguardano può far valere i propri diritti di fronte all’Autorità Garante della privacy mediante reclamo oppure dinanzi all’autorità giudiziaria competente.

Tizio, inoltre, potrà richiedere anche il risarcimento dei danni non patrimoniali – che potranno essere liquidati dal giudice in via equitativa – ex art. 2043 c.c. per responsabilità da diffamazione a mezzo stampa, qualora ne riesca a dimostrare gli elementi costitutivi.

In conclusione, quindi, Tizio, stante la violazione del diritto alla riservatezza e la prevalenza del diritto all’oblio nel bilanciamento con il diritto di cronaca potrà agire nei confronti delle singole testate giornalistiche per ottenere la rimozione degli articoli inerenti alla sua vicenda giudiziaria e nei confronti del motore di ricerca per far sopprimere i collegamenti con i link riguardanti notizie.

Qualora ne dimostri gli elementi costitutivi Tizio potrà, altresì, ottenere il risarcimento ex art. 2043 c.c. del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. subito a causa della lesione del suo diritto alla riservatezza o per la lesione del diritto all’onore e alla reputazione se gli articoli non contemplano la sua assoluzione.