Con pronuncia n. 95 del 20 maggio 2020, la Corte Costituzionale ha risolto la questione di legittimità costituzionale inerente alla competenza a decidere in materia di conversione per insolvibilità della pena pecuniaria irrogata dal Giudice di pace.
L’esecuzione delle pene pecuniarie inflitte dal giudice di pace era originariamente disciplinata dall’art 42 Dlgs 274/2000, il quale stabiliva che essa avesse luogo in via ordinaria ai sensi dell’art 660 c.p.p., con la differenza, però che al fine di concentrare le competenze in executivis, era previsto che l’accertamento sulla effettiva insolvibilità del condannato fosse svolto, anziché dal Magistrato di sorveglianza, dal giudice competente per l’esecuzione, potendo questi provvedere in ordine alla rateizzazione ovvero conversione della pena pecuniaria inflitta.
Tale disposizione del dlgs 274/2000 è stata successivamente abrogata ex art 299 Dlgs 113/2002, norma successivamente trasfusa nell’art 299 del DPR 115/2002 che accorpa anche le norme regolamentari del DPR 114/2002 ( TU in materia di spese di giustizia TESTO C).
Tale intervento abrogativo si prefiggeva di attribuire in via generale, ex art 238 T.U., i procedimenti di conversione delle pene pecuniarie al giudice dell’esecuzione penale.
Successivamente, con sentenza 212/2003 la Corte cost. ha dichiarato illegittimi per eccesso di delega gli artt 238 e 299 citati, quest’ultimo nella parte in cui disponevano l’abrogazione dell’art 660 c.p.p. dal momento che, secondo il giudice delle leggi, il legislatore delegato – ex legge delega 50/1999 – era privo del potere di prevedere una disciplina relativa al procedimento di conversione delle pene pecuniarie sì da modificare in modo radicale la competenza a decidere.
Da ultimo, il legislatore ha introdotto, ex art 1 comma 473 della L 205/2017, l’art 238 bis , relativo alla attivazione delle procedure di conversione delle pene pecuniarie non pagate, che disciplina specificatamente in materia la competenza del magistrato di sorveglianza in materia.
Più nello specifico, la pronuncia in commento ha ad oggetto l’incidente di incostituzionalità sollevato dal Magistrato di sorveglianza di Pisa e dal Magistrato di sorveglianza di Alessandria con riguardo all’art 299 del Dlgs 113/2002, recante il T.U. in materia di spese di giustizia ( TESTO B), nella parte in cui abroga l’art 42 del Dlgs 274/2000, relativo alla competenza penale del giudice di pace, e dell’art 238 bis commi 2,5,6 e 7 del DPR 115/2002, così come introdotti dall’art 1 comma 473 della L 205/2017, Legge di Bilancio 2018 e Bilancio pluriennale 2018 – 2020.
Il Magistrato di sorveglianza premette in fatto di essere stato investito dalla Corte di Cassazione, in sede di risoluzione di un conflitto di competenza negativo, della competenza a decidere in ordine alla conversione per insolvenza di una ammenda comminata dal Giudice di pace di Asti, essendo il condannato detenuto presso la casa circondariale di Pisa.
Solleva quindi questione di legittimità costituzionale delle norme sopra citate per violazione dell’art 76 Cost., e segnatamente per eccesso di delega, dovendosi piuttosto ritenere che in tutti i casi in cui sorga questione di conversione per insolvibilità della pena pecuniaria irrogata dal giudice di pace debba essere quest’ultimo a provvedervi, in quanto unico avente competenza decisoria in merito.
La conclusione cui giunge il primo dei due rimettenti parte dalla considerazione per cui, la S.C., in sede di risoluzione del conflitto negativo di competenza, avrebbe errato nel ritenere che per effetto della citata sentenza Corte Cost. 212/2003, l’intera materia della conversione delle pene pecuniarie sarebbe confluita nelle competenze del magistrato di sorveglianza.
La questione è stata giudicata inammissibile dalla Corte: richiamando un proprio costante orientamento ( cfr, ex multis, Corte Cost. pronunce n. 294/95, 222/97, 306/2013, 1/2015) il giudice delle leggi ha chiarito che “…L’effetto vincolante delle decisioni della Corte di cassazione in materia di competenza, previsto dall’art 25 cod. proc .pen ., impedisce, infatti, di rimettere in discussione la competenza attribuita nel caso concreto dalla Cassazione medesima, rimanendo ogni ulteriore indagine sul punto definitivamente preclusa: con la conseguenza che nessuna influenza potrebbe avere la pronuncia di questa Corte nel giudizio a quo… “.
Venendo alla questione di legittimità sollevata dal Magistrato di sorveglianza di Alessandria – investito della competenza a decidere sulla richiesta di conversione della pena pecuniaria comminata dal Giudice di pace di Alessandria in seguito ad una pronuncia della S.C. risolutiva del conflitto negativo di competenza insorto tra i due giudici in diverso e precedente procedimento si osserva che:
– l’art 299 DPR 115/2002 violerebbe l’art 76 Cost. nella parte in cui ha abrogato la competenza del giudice di pace prevista dall’art 42 del dlgs 274/2000, in quanto, come sostenuto anche dal primo rimettente, il legislatore delegato non avrebbe avuto alcun potere di intervento in materia;
– in via indotta e conseguenziale all’eventuale accoglimento della prima questione, gli artt 238 bis, commi 2,5,6 e 7 del DPR 115/2002, aggiunto dall’art 1 comma 473 L 205/2017 risulterebbe violativo degli artt 3,97 e 111 comma 2 Cost. nella parte in cui, facendo riferimento al giudice competente per il procedimento di conversione delle pene pecuniarie per insolvibilità del condannato, “…parla specificamente del “magistrato di sorveglianza competente”, anziché genericamente di “giudice competente” “.
Più nello specifico:
– la violazione dell’art 3 Cost. deriverebbe dalla irragionevole attribuzione esclusiva al Magistrato di sorveglianza di una tale competenza anche quando si tratta di pene pecuniarie comminate dal giudice di pace, privando il procedimento di conversione delle caratteristiche di snellezza e rapidità che erano invece assicurate dall’art 42 dlgs 274/2000;
– di conseguenza, la trasmigrazione del procedimento dal giudice di pace al magistrato di sorveglianza comporterebbe una dilazione eccessiva dei tempi processuali che implicherebbe una lesione del principio di ragionevole durata del processo, ex art 111 comma 2 Cost., non compensata dalla esigenza di dare attuazione ad altri principi costituzionali;
– inoltre, comportando un altrettanto ingiustificato incremento dei compiti della magistratura di sorveglianza, peraltro già gravata di sempre più numerose attribuzioni in tema di sovraffollamento carcerario, tale fenomeno costituisce parimenti un vulnus al principio di buona amministrazione della giustizia, con conseguente violazione dell’art 97 Cost.
Ciò posto, la Consulta, nel ricostruire sinteticamente l’evoluzione della disciplina relativa alla competenza in materia di conversione delle pene pecuniarie non pagate, ha avuto modo di chiarire come la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art 299 T.U. 113/2002 non abbia comportato la reviviscenza dell’art 42 dlgs 274/2000, poiché della illegittimità costituzionale di tale abrogazione non era stata investita la Corte.
Relativamente alla questione di illegittimità costituzionale dell’art 238 bis TU 115/2002, introdotto dalla legge di bilancio per il 2018, la Corte esclude la violazione del principio di ragionevolezza ex art 3 Cost., poiché il legislatore gode di ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte operate ( cfr Corte Cost. 58 e 79 del 2020; n. 139 e 155 del 2019; n. 225/2018; n. 241/2017) e ciò vale anche per quanto attiene specificamente alla disciplina della competenza del giudice ( cfr, ex multis, Corte Cost. n. 158/2019, n. 44/2016 e 194/2015).
Ciò posto, se è pur vero che la stessa Corte ha di recente, con pronuncia n. 279/2019, sollecitato il legislatore a rimuovere le criticità relative al sistema dell’esecuzione della pena pecuniaria, resa farraginosa per via della relativa strutturazione procedurale, va nondimeno considerato che la censurata disposizione non è idonea al superamento del limite di arbitrarietà e irragionevolezza che ne consentirebbe la declaratoria di illegittimità costituzionale.
Parimenti infondata è la censura formulata in ordine all’art 111 comma 2 Cost., atteso che il vulnus al principio della ragionevole durata del processo può essere determinato solo da norme procedurali che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorretta da alcuna esigenza logica ( in tal senso anche Corte Cost. 155/2019) ma tali non possono considerarsi le disposizioni con le quali il legislatore individua, nell’esercizio non irragionevole della propria discrezionalità di cui gode in tema di istituti processuali, il giudice competente ( cfr anche Corte Cost. 63/2009).
Infine, è ugualmente infondata la censura relativa alla presunta violazione del buon andamento dell’amministrazione della giustizia, ex art 97 Cost., poiché è avviso costante della Corte che il principio in parola sia riferibile solo alla organizzazione e funzionamento degli uffici giurisdizionali e non all’attività giurisdizionale in senso stretto ( cfr, da ultimo Corte Cost. n.80/2020, n. 90/1019 e n. 91/2018), nella quale rientrano le funzioni svolte dal magistrato di sorveglianza in merito alla conversione della pena pecuniaria.
Infine, la Corte ritiene priva di utilità, dichiarandola inammissibile per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale sollevata in ordine all’art 299 del dlgs 113/2002, per violazione dell’art 76 Cost. nella parte in cui abroga l’art 42 dlgs 274/2000, atteso che, se anche la si dovesse ritenere fondata, l’eventuale accoglimento della stessa non produrrebbe effetti nel giudizio principale, atteso che esso continuerebbe ad essere regolato dall’art 238 bis DPR 115/2002, con la conseguenza che la competenza in materia di conversione della pena pecuniaria irrogata dal giudice di pace rimarrebbe comunque affidata alla Magistratura di sorveglianza.
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