Con sentenza n. 25843 del 13/11/2020  la Corte di  Cassazione è tronata ad affrontare la vexata quaestio relative  alle categorie ontologiche del danno  non patrimoniale ponendo l’accento sulle differente esistenti fra il danno biologico e  quello morale. Questo il principio di diritto adottato dal Supremo consesso:

Il familiare di una persona lesa dall’altrui condotta illecita può subire un pregiudizio non patrimoniale che può assumere il duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini di vita, la cui prova può essere data anche mediante l’allegazione di fatti corrispondenti a nozioni di comune esperienza, e che deve essere integralmente risarcito, ove ricorrano i caratteri della serietà del danno e della gravità della lesione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso il danno non patrimoniale occorso ai genitori in conseguenza dell’incidente stradale del figlio minorenne e convivente, nonostante l’avvenuta allegazione della sofferenza subìta durante i non pochi giorni in cui quegli era stato in coma e nei periodi in cui ne era stato incerto il recupero, nonché dell’assistenza necessitata dapprima dal lungo ricovero lontano dall’abitazione familiare e poi dalla non semplice riabilitazione).

COMMENTO

 

Siamo nell’ambito della responsabilità civile da fatto illecito prevista dall’art. 2043 c.c. e si discute in particolare se i criteri adottati dalle Tabelle di Milano – ormai universalmente adottati su tutto il territorio italiano comprendano la liquidazione del danno morale e in che misura.

A riguardo deve essere premesso che le categorie ontologiche del danno biologico e di quello morale, pur se ascrivibili alla  categoria generale del danno non patrimoniale apprezzabile ai sensi dell’art. 2059 c.c. nei casi previsti dalla legge, non sono affatto sovrapponibili e devono pertanto coniugarsi tra di loro dando vita ad una valutazione complessiva, che sia, per quanto possibile, ancorata al caso concreto preso in esame dal Giudice.

Si intende per danno biologico il danno derivato all’integrità psico-fisica del soggetto nella sua interezza. Si tratto di un danno valutabile in termini medico – legali, riguardante la vita di relazione del soggetto  valutabile sulla base dei parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all’esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008; tali tabelle  determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di “danno morale” la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all’anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione.

Il danno morale, infatti, a differenza di quello biologico non riguarda la vita di relazione del soggetto ma la sofferenza interiore che sia a lui derivata dalla lesione subita. Esso deve essere valutato caso per caso sulla base di un equo apprezzamento del Giudice e può essere desunto da presunzioni, sulla base di regole di comune esperienza. Ne deriva che, pure in presenza di una valutazione incorporata del danno morale nelle Tabelle di Milano, Il Giudice  può, in  presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari,  procedere alla personalizzazione del danno stesso entro le percentuali massime di aumento previste nelle tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente (più ricca, e dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari.