La Corte costituzionale, con sentenza n. 117, depositata il 7 giugno 2021, ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis, primo e terzo comma, del codice penale, introdotto dall’art. 2, comma 2, della legge 26 marzo 2001, n. 128 e succ. mod. in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione; ha dichiarato altresì inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis cod. pen., nel suo complesso, sempre in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.; ha dichiarato, infine, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis, quarto comma, cod. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dal Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica.
Il Giudice remittente aveva evocato i parametri di cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione per ritenerli violati non soltanto per l’eccessività della pena detentiva prevista dalla norma censurata, ma anche a causa della limitazione del bilanciamento delle circostanze eterogenee stabilita dal quarto comma della disposizione stessa, «laddove, invece, la previsione di un minimo edittale più basso e la eliminazione dei rigidi automatismi di cui al quarto comma o la previsione di una “ipotesi lieve”, consentirebbe l’irrogazione di una pena molto più adeguata alla peculiarità del caso concreto». Il rimettente ha altresì denunciato l’illogica mancata previsione di un’ipotesi lieve del furto in abitazione, sull’esempio del reato di ricettazione.
La Corte costituzionale ha ritenuto l’inammissibilità delle prime due questioni sottoposte al suo vaglio (eccessività del minimo edittale di pena detentiva e omessa previsione di una fattispecie attenuata) sulla base dei seguenti profili:
- Il significativo incremento dei valori edittali dei reati contro il patrimonio – nell’ambito del quale si inscrive il progressivo inasprimento sanzionatorio del furto in abitazione è stato frutto di «attenta considerazione da parte del legislatore, alla luce di una valutazione, complessiva e comparativa, dei beni giuridici tutelati dal diritto penale e del livello di protezione loro assicurato».
- la mancata previsione di «una ipotesi lieve (come nel caso della ricettazione)» ovvero di «una ipotesi lieve ·autonomamente sanzionata» riferita all’art. 624-bis cod. pen. è stata dedotta dal Giudice remittente in modo generico ed oscuro perché non è stato precisato l’oggetto della “lieve entità”, concetto questo che non può evidentemente esaurirsi nella· speciale tenuità del danno patrimoniale, già considerata quale attenuante comune dall’art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen.
La questione sul divieto di bilanciamento correlato alla natura ”privilegiata” dell’aggravante, invece, è stata ritenuta non fondata. La Corte ha innanzi tutto richiamato la giurisprudenza costituzionale sulle aggravanti “privilegiate” in tema di recidiva reiterata, dopo che l’art. 3, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura ecc.) ricordando come la loro istituzione è frutto di una scelta del legislatore sindacabile solo nel caso in cui essa appaia irragionevole e giunga pertanto a determinare un’alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilità penale (sentenze nn. 73 del 2020, n. 106 e n. 105 del 2014, n. 251 del 2012). Di qui le numerose declaratorie di illegittimità costituzionale che hanno restituito al giudice di merito la possibilità di apprezzare pienamente in sede di bilanciamento circostanze attenuanti “ad effetto speciale” (cioè implicanti una diminuzione di pena superiore a· un terzo: art. 63, terzo’comma, cod. pen.), come tali espressive di un minor disvalore del fatto dal punto di vista dell’offensività.
Al contrario, nel caso della fattispecie di furto in abitazione, il divieto di bilanciamento è posto a servizio di un bene giuridico di primario valore – l’intimità della persona raccolta nella sua abitazione -, al quale il legislatore ha scelto di assegnare una tutela rafforzata, con opzione discrezionale e non irragionevole (sul tema della inviolabilità del domicilio assicurata dall’art. 14 Cost., domicilio inteso come «proiezione spaziale della persona», cfr. C. Cost. sentenza n. 135 del 2002).
Con specifico riferimento alle circostanze eterogenee concorrenti nella fattispecie concreta, il divieto di bilanciamento sancito dall’art. 624-bis, quarto comma, cod. pen. presenta, dunque, una non irragionevole finalità. Nel concorso tra l’aggravante della violenza sulle cose ex art. 625, primo comma, numero 2), cod. pen., che evidenzia un’offesa ancora più intensa alla privatezza della sfera domiciliare e personale, e l’attenuante della speciale tenuità del danno patrimoniale ex art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen., che, viceversa, si esaurisce sul piano strettamente economico, il legislatore ha legittimamente escluso che la prima possa essere eguagliata dalla seconda, o. possa ad essa soccombere.
La forza “privilegiata” delle aggravanti cede soltanto di fronte all’attenuante della minore età ex art. 98 cod. pen e a quella della collaborazione del reo ex art. 625-bis cod. pen., attenuante “ad effetto speciale”, quest’ultima, appositamente introdotta dalla legge n. 128 del 2001, la cui previsione contribuisce all’equilibrio complessivo di una disciplina sanzionatoria pur certamente severa ma non irragionevole ragionevole perché ben calibrata alle fattispecie penali prese in considerazione.
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