Corte di giustizia, 18 ottobre 2018, C-149/17, Bastei Lübbe GmbH & Co. KG contro Michael Strotzer
L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, da un lato, e l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, dall’altro, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata dal giudice nazionale competente, in forza della quale il titolare di una connessione internet, attraverso cui siano state commesse violazioni del diritto d’autore mediante una condivisione di file, possa non essere considerato responsabile qualora indichi almeno un suo familiare che avesse la possibilità di accedere alla suddetta connessione, senza fornire ulteriori precisazioni quanto al momento in cui la medesima connessione è stata utilizzata da tale familiare e alla natura dell’utilizzo che quest’ultimo ne abbia fatto.
La sentenza sopra indicata indica la necessità di ricorrere nell’applicazione dell’art. 8 della Direttiva 2001/29/CE di un criterio di giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali della persona (tutela della proprietà intellettuale e quella della privacy) imponendo la non esclusione automatica della responsabilità del titolare della connessione internet per violazione del diritto d’autore nelle ipotesi in cui dimostri che la condivisione del file può essere avvenuta con i propri familiari in conseguenza dell’uso collettivo in famiglia dello strumento informatico.
Corte di giustizia dell’Unione Europea Quarta Sezione Sentenza 24 ottobre 2018 nel procedimento Vossloh Laeis GmbH contro Stadtwerke München GmbH
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 57 – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 80 – Aggiudicazione di appalti pubblici – Procedura – Motivi di esclusione – Durata massima del periodo di esclusione – Obbligo per l’operatore economico di cooperare con l’amministrazione aggiudicatrice al fine di dimostrare la propria affidabilità». Nella causa C-124/17, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Vergabekammer Südbayern (sezione amministrativa competente in materia di appalti della Baviera del Sud, Germania), con decisione del 7 marzo 2017, pervenuta in cancelleria il 10 marzo 2017”
La Corte ha enucleato i seguenti principi di diritto:
1. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che l’articolo 80 della direttiva 2014/25, in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una disposizione di diritto nazionale che obbliga l’operatore economico, che intenda dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione, a precisare con chiarezza i fatti e le circostanze connessi con il reato o con l’illecito commesso, non solo collaborando attivamente con le autorità investigative, ma anche con l’amministrazione aggiudicatrice, nell’ambito del ruolo ad essa proprio, al fine di fornirle la prova di essere nuovamente affidabile, a condizione che tale cooperazione si limiti alle misure strettamente necessarie a detta verifica.
2. L’articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, qualora un operatore economico abbia tenuto un comportamento che integra il motivo di esclusione di cui all’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), di tale direttiva, comportamento che è stato sanzionato da un’autorità competente, il periodo massimo di esclusione è calcolato a decorrere dalla data della decisione di tale autorità.
I due principi di diritto sopra citati sono stati resi in materia di requisiti di onorabilità necessari per l’aggiudicazione di appalti pubblici. Sul punto la Corte ha chiarito che l’art. 80 della Direttiva Europea 2014/25 non esclude che il giudice nazionale, pur in presenza della sussistenza di un requisito di esclusione della gara per la presenza di cause ostative, possa procedere ad una sua valutazione discrezionale volta a ritenere la non ostatività in concreto della causa di esclusione sia con riguardo al comportamento tenuto nella causazione dell’illecito da parte del soggetto che con riguardo alla data in cui lo stesso è stato commesso.
Corte di giustizia, 25 ottobre 2018, C-331/17, Martina Sciotto c. Fondazione Teatro dell’Opera di Roma
La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale le norme di diritto comune disciplinanti i rapporti di lavoro, e intese a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato tramite la conversione automatica del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro perdura oltre una data precisa, non sono applicabili al settore di attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, qualora non esista nessun’altra misura effettiva nell’ordinamento giuridico interno che sanzioni gli abusi constatati in tale settore.
La Corte, in sede di rinvio pregiudiziale da parte del giudice nazionale italiano, ha interpretato l’art. 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE come ostativo per escludere nel novero dei contratti a tempo determinato conclusi nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato tutte le volte in cui sia stato fatto ricorso abusivo a una successione di contratti.
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