La proprietà fiduciaria rappresenta specifico e peculiare diritto reale, che presenta caratteri innovativi rispetto alla proprietà classica delineata nel codice civile. Pur non essendoci una specifica norma che la contempli e la disciplini in via generale, l’attuale panorama normativo e contrattuale offre alcune ipotesi di proprietà fiduciaria dai caratteri comuni.
La proprietà fiduciaria trova generalmente la sua fonte in un negozio fiduciario, operazione mediante il quale un soggetto (fiduciante) trasferisce la proprietà di beni, mobili o immobili, ad altro soggetto (fiduciario) al fine di destinare i beni stessi al perseguimento di un determinato interesse indicato dallo stesso fiduciante o nell’interesse di un terzo beneficiario. Il fiduciario si impegna, a fronte dell’atto traslativo, a perseguire gli interessi del fiduciante, con l’obbligo di ritrasferire il bene allo stesso al termine dell’esecuzione dell’accordo negoziale ove pattuito (cd. pactum fidiuciae). Il trasferimento della proprietà a favore del fiduciario si giustifica quindi alla luce del pactum fiduciae intercorso tra le parti e ne rappresenta la causa, quale ragione giustificatrice dello spostamento patrimoniale a favore del fiduciario
E proprio il profilo causale menzionato che distingue il negozio fiduciario dagli altri negozi traslativi a titolo gratuito. La proprietà fiduciaria si compone infatti di due effetti distinti: uno reale, derivante dal trasferimento della titolarità del bene al fiduciario, e uno di carattere obbligatorio, da cui derivano gli obblighi facenti capo all’acquirente del bene. Appare quindi evidente la differenza che intercorre tra il contenuto della proprietà fiduciaria e quello della proprietà classica contemplata dall’art. 832 c.c. (bene)
Il diritto di proprietà viene definito come il potere di godere e disporre in modo pieno e esclusivo del bene con carattere perpetuo. Nella proprietà fiduciaria il godimento e la disponibilità del bene sono limitate in quanto l’esercizio del diritto è vincolato dai fini indicati dal fiduciante e dal contenuto del pactum fiduciae. Inoltre le proprietà fiduciarie s ono caratterizzate dalla loro natura temporanea, posto l’obbligo del fiduciario di trasferire la proprietà del bene a un soggetto beneficiario o allo stesso fiduciante una volta che il contratto sia stato eseguito o sia spirato il termine pattuito. Le peculiarità della proprietà fiduciaria determinano quindi una scissione tra la proprietà formale, facente capo al fiduciario, e la proprietà sostanziale, ossia i poteri di fatto sulla res di cui rimane titolare il fiduciante. Tale requisito ha posto problemi circa la sua liceità alla luce dei principi dell’ordinamento, considerato che le norme codicistiche prevedono un unico diritto di proprietà non scindibile, convergendo nel titolare poteri formali e sostanziali.
A tal riguardo è necessario fare un breve cenno alla distinzione tra la fiducia romanistica e fiducia germanistica così da capire entro quali limiti la proprietà fiduciaria può fare ingresso nel nostro ordinamento. Nella fiducia romanistica il fiduciario diventa titolare del bene acquisito a tutti gli effetti, senza che residui alcun potere dispositivo o di godimento sul bene. Con la fiducia germanistica invece si attua una vera e propria scissione della proprietà, il cui trasferimento al fiduciario avviene soltanto in via formale. Il fiduciante rimane proprietario effettivo del bene con gli ovvi corollari in materia di tutela della proprietà e nei rapporti coi terzi. Questi infatti potrà procedere con l’azione reale di rivendica del bene non solo nei confronti della controparte contrattuale ma anche verso i terzi. I creditori del fiduciario inoltre non potranno rivalersi sul bene trasferito, che rimane di esclusiva proprietà del fiduciante. La fiducia germanistica presenta elementi inconciliabili con il nostro ordinamento, stante l’unicità che connota il diritto di proprietà. Tale incompatibilità si ravvisa inoltre se si considerano i principi di tassatività e nominatività che connotano i diritti reali, impedendo di fatto l’ingresso del diritto di proprietà in forme atipiche. Ne deriva che la liceità della proprietà fiduciaria intanto può essere ammessa se venga rispettata la natura unitaria della proprietà così come definita dal codice civile. Nulla osta quindi che le parti nell’atto del trasferimento si accordino per limitare il contenuto della proprietà e destinarla a ulteriori fini attraverso un negozio di tipo obbligatorio (art. 1322 c. 2 c.c.). In questo caso la tutela del fiduciante sul bene trasferito viene assicurata dall’esistenza del pactum fiduciae e dai reciproci obblighi posti i capo ai contraenti. In particolare i diritti del fiduciante potranno essere fatti valere non in qualità di proprietario della res con le correlative azioni reali ma quale titolare dei diritti scaturenti dal rapporto obbligatorio intercorso col fiduciario. Nella pratica sono state previste diverse ipotesi di negozi costitutivi della proprietà fiduciaria, i quali, sebbene non previsti espressamente dalla legge, sono stati ritenuti legittimi alla luce della meritevolezza degli interessi perseguiti ai sensi dell’art. 1322 c.c.
A tal riguardo si menziona il patto di retrovendita, contratto di vendita mediante il quale l’acquirente si impegna a restituire il bene acquistato entro un dato termine pattuito tra le parti, o la girata fiduciaria dei titoli di credito, nella quale il giratario si obbliga a ritrasferire il titolo al girante o al portatore. Un’ipotesi codificata di proprietà fiduciaria può essere rinvenuta nella fattispecie degli atti di destinazione di cui all’art. 2645 ter c.c., seppur con caratteristiche peculiari. Gli atti di destinazione infatti possono sottendere un negozio di tipo fiduciario, se i beni immobili vengono trasferiti a un soggetto affidatario o al beneficiario con il fine di perseguire gli interessi indicati dal conferente. In questo caso si viene quindi a creare in capo al soggetto acquirente una proprietà fiduciaria, essendo limitata nel contenuto nell’interesse del conferente o del beneficiario (realizzazione di interessi meritevoli di tutela verso soggetti particolarmente bisognosi) e temporalmente (durata della vita del beneficiario e comunque per un tempo non superiore a novant’anni). I beni e i relativi frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione di detti fini.
Gli atti di destinazione presentano tuttavia una differenza importante rispetto all’ipotesi classica di fiducia romanistica, posto che gli atti di destinazione, per effetto della trascrizione, risultano opponibili ai terzi. Nel negozio fiduciario il pactum fiduciae non risulta invece trascrivibile e quindi inopponibile ai terzi, rimanendo un accordo inter partes. Ulteriore differenza si rinviene nella segregazione patrimoniale dei beni oggetto di destinazione, rendendoli insensibili alle vicende creditorie che riguardano sia il conferente che l’affidatario dei beni.Altro caso di proprietà fiduciaria è quella derivante dal trust, che presenta una struttura analoga a quella del negozio fiduciario. Nel trust il disponente/ settlor trasferisce i propri beni al trustee il quale ne diviene formalmente proprietario al fine di amministrarli nell’interesse del settlor o di un terzo beneficiario, il quale a sua volta diviene proprietario sostanziale dei beni conferiti nel trust, seppur non ne può disporre sino allo scadere del termine fissato. Il beneficiario può coincidere con il settlor. Tuttavia è bene notare come nel caso del trust si viene a creare una scissione tra la proprietà formale del trustee e quella facente capo al settlor o al beneficiario, quali titolari effettivi dei beni conferiti in trust, circostanza che pone dubbi di legittimità dell’istituto già espressi in merito alla fiducia germanistica, anche se ormai la liceità del trust è circostanza acclarata alla luce di quanto affermato dalla Corte di legittimità circa l’intervenuta ratifica della Convenzione dell’Aja e del riconoscimento di sgravi fiscali al trust conferito in favore di soggetti disabili. Le varie ipotesi di proprietà fiduciaria contemplate presentano, quale elemento comune, il trasferimento effettivo e sostanziale della proprietà dal proprietario originario ad altro soggetto acquirente o beneficiario, in ossequio alla fiducia romanistica ammessa nel nostro ordinamento.
L’effettività del trasferimento è il carattere discretivo del negozio fiduciario rispetto al negozio simulato.
Nella simulazione negoziale infatti il trasferimento del bene avviene solo fittiziamente in quanto le parti, mediante l’accordo simulatorio, pattuiscono che il contratto tra loro non produrrà alcun effetto traslativo. Viene quindi a crearsi una situazione di apparenza verso i terzi, connotata da un divario tra la proprietà formale, così come appare all’esterno, e la proprietà sostanziale, risultante dai rapporti interni tra i contraenti. Nella proprietà fiduciaria invece il fiduciario diviene proprietario sostanziale della res e tale appare nei confronti dei terzi e degli eventuali aventi causa, con contestuale perdita del relativo diritto di proprietà da parte del fiduciante.
Accanto a questo criterio distintivo di natura oggettiva, si osserva che la distinzione tra negozio simulato e negozio fiduciario può ravvisarsi anche sotto il profilo soggettivo. Il negozio simulato presenta un contrasto tra la volontà dichiarata nel contratto e quanto effettivamente voluto dalle parti con l’accordo simulatorio. Nel negozio fiduciario la volontà dei contraenti è conforme al contenuto contrattuale e agli effetti derivanti dal pactum fiduciae.
Per capire meglio la distinzione si prenda a riferimento l’ipotesi di compravendita simulata. In questo caso il contratto produce in via apparente i suoi effetti verso i due contraenti ma in realtà non vi è stato alcun trasferimento del bene, rimanendo la proprietà in capo all’alienante. Nella proprietà fiduciaria l’effetto traslativo invece si realizza sul piano concreto, posto che il fiduciario diventa titolare del bene e cosi è effettivamente voluto dalle parti.
Premessi i caratteri generali della proprietà fiduciaria è possibile ora affrontare la disamina di un caso concreto qual è quello dell’intestazione fiduciaria di bene immobile. Situazione quest’ultima che impone ulteriori questioni in merito ai risvolti giuridici derivanti dall’inadempimento del pactum fiduciae e sulla sorte della proprietà fiduciaria. Si è visto che nella proprietà fiduciaria il fiduciario acquista a tutti gli effetti la titolarità del bene trasferito, coi limiti interni imposti sul diritto dal pactum fiduciae. La proprietà sul bene del fiduciario rileverà anche nei confronti dei terzi, posto l’onere dell’acquirente dell’immobile della trascrizione.
Siffatto effetto traslativo impedisce al fiduciante di poter rivendicare il bene, ove il fiduciario omettesse di adempiere agli obblighi assunti e di ritrasferire il bene allo spirare del termine del contratto. In forza della natura obbligatoria del pactum fiduciae potrà agire con l’azione restitutoria al fine di riottenere la proprietà del bene. In particolare le azioni esperibili dal fiduciante sono quelle che derivano dall’inadempimento del rapporto obbligatorio previste dall’art. 1453 c.c., ossia l’azione di esatto adempimento degli obblighi contrattuali, tra cui l’obbligo restitutorio del bene oggetto di trasferimento, e l’azione di risoluzione. Quest’ultimo rimedio determinerebbe lo scioglimento del contratto intercorso e il relativo diritto del fiduciante alla restituzione, in virtù degli effetti restitutori e retroattivi da esso derivanti (art. 1458 c.c.). Il carattere obbligatorio del pactum fiduciae evidenzia i limiti e la minor tutela accordata al fiduciante rispetto a quella che potrebbe far valere con le azioni reali in qualità di proprietario. L’azione di rivendicazione infatti ha efficacia reale, è imprescrittibile ed è proponibile erga omnes, ossia anche nei confronti di terzi che abbiano medio tempore acquisito diritti sul bene.
Al contrario l’azione di risoluzione ha un’efficacia inter partes in quanto inidonea a pregiudicare i diritti acquisiti dai terzi, salvo che la domanda di risoluzione sia stata trascritta prima dell’acquisto del terzo (art. 1458, c. 2 c.c.). E’ inoltre soggetta al termine di prescrizione. Si osserva inoltre che trattandosi di negozio a effetti obbligatori, il pactum fiduciae non risulta essere neppure trascrivibile ai sensi dell’art. 2643 c.c. La trascrizione infatti è riservata agli atti traslativi della proprietà o altri diritti reali su beni immobili o agli atti idonei a produrre effetti analoghi (art. 2645 c.c.. Rimane salva la possibilità di trascrizione di contratti a effetti obbligatori ove prevista dalla legge. A tal riguardo si ravvisa che un’ipotesi di trascrizione di negozio obbligatorio e fiduciario è quella prevista per gli atti di destinazione all’art. 2643 ter c.c. con conseguente possibilità del disponente di opporre ai terzi l’atto di destinazione e i diritti allo stesso spettanti.
Nel negozio fiduciario la trascrizione può essere effettuata soltanto con riguardo al negozio traslativo del bene immobile a favore del fiduciario, unico soggetto legittimato a far valere il suo diritto di proprietà verso i terzi. Un’eventuale responsabilità del terzo nei confronti del fiduciante potrà rilevare ove il terzo acquirente fosse consapevole dell’esistenza del pactum fiduciae e abbia comunque deciso, anche collusivamente con il fiduciario, di portare a termine l’acquisto a danno del fiduciante. Si precisa che in quest’ultimo caso l’unico rimedio esperibile verso il terzo è quello risarcitorio con i relativi oneri probatori, ove sussistano tutti i requisiti dell’illecito aquiliano di cui all’art. 2043 c.c. L’assenza di titolarità sul bene impedisce infatti al fiduciante di rivendicare nei confronti del terzo la proprietà del bene. Inoltre, risultano preclusi i rimedi per l’inadempimento contrattuale stante la mancanza di un qualsivoglia vincolo negoziale con il terzo. Vale la pena osservare che l’obbligo restitutorio facente capo al fiduciante potrebbe essere inoltre posto in esecuzione in via coattiva attraverso il rimedio in forma specifica ex art. 2932 c.c. La norma infatti consente di ottenere una sentenza costitutiva che produce gli effetti del contratto non concluso, se colui che si è impegnato a concludere il contratto non adempie l’obbligazione.
Nell’ipotesi in esame il fiduciante può quindi ottenere una sentenza che tenga luogo al contratto traslativo del fiduciario con conseguente riacquisto della proprietà dell’immobile. I limiti insiti nel rimedio ex art. 2932 c.c. sono dati innanzitutto dall’impossibilità del trasferimento della proprietà nel caso in cui il fiduciario abbia trasferito la res a un terzo con titolo validamente trascritto. Ciò impedirebbe al fiduciante di recuperare la titolarità sul bene, residuando soltanto una tutela di tipo risarcitorio nei confronti del fiduciario. Inoltre la facoltà di agire con l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre non è possibile ove ciò non sia consentito dal titolo. Tale situazione può avverarsi se le parti abbiano escluso il ritrasferimento del bene mediante contratto ma con negozio unilaterale.
A fronte di tali limiti, l’unico rimedio di tutela per il fiduciante rimane l’azione restitutoria verso il fiduciario secondo le norme sull’inadempimento di cui all’art. 1453 c.c.
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