Il testamento è lo strumento con cui ciascuno può disporre dei propri beni dopo la morte. All’art. 587 co 1 c.c. si fa riferimento al contenuto patrimoniale dell’atto, prendendo in considerazione le “sostanze” del de cuius; al co 2 della norma si richiama, invece, il contenuto non patrimoniale del testamento.
Soffermandosi sul contenuto patrimoniale dell’ultimo atto di volontà, si può considerare che questo ne costituisce l’elemento caratterizzante, ciò in quanto il testamento in senso proprio è l’atto a causa di morte con funzione attributiva e, quindi, tutte le disposizioni di carattere non patrimoniale andrebbero ad integrare soltanto il cd. testamento formale, mentre il testamento cd. sostanziale sarebbe unicamente quello che si compone di disposizioni di carattere patrimoniale.
Il contenuto di carattere patrimoniale del testamento può essere anche atipico: a titolo esemplificativo si cita la disciplina dei legati che, al di là delle ipotesi previste dalla legge, lasciano un ampio margine di autonomia al privato.
Tramite testamento è possibile, anche, operare una destinazione del proprio patrimonio ad un determinato fine di pubblica utilità per il tramite della costituzione di una fondazione; ai sensi dell’art. 14 c.c., infatti, si può disporre la fondazione anche tramite testamento.
La fondazione è un ente giuridico a base patrimoniale – differenziandosi in ciò dall’associazione che ha base personale- tramite cui il fondatore conferisce una certa somma di denaro e stabilisce le modalità di organizzazione per perseguire un fine di pubblica utilità. A differenza che nell’associazione, a seguito del conferimento, il fondatore si spoglia della gestione, affidandola a soggetti terzi che, agendo come organi serventi, esercitano un ufficio, restando vincolati dal fine stabilito dal fondatore, senza la possibilità di curare l’organizzazione secondo proprio arbitrio, come avviene per i contraenti del contratto di associazione.
L’atto di fondazione ha un duplice contenuto: si compone dell’atto di disposizione patrimoniale e dell’atto di organizzazione.
Proprio con riferimento alla fondazione disposta per testamento occorre considerare se e quando l’atto di disposizione patrimoniale possa essere considerato un atto separato rispetto all’atto di fondazione nel suo complesso. Sarebbe preferibile considerare che l’atto di disposizione patrimoniale faccia parte dell’atto di fondazione anche quando sia compreso in un documento separato; infatti, la tesi opposta – per cui la dotazione patrimoniale verrebbe in essere sulla base di un atto giuridico diverso dall’atto di fondazione- significherebbe, con riferimento alle associazioni, che nel momento in cui un associato esegue un conferimento adempie ad un atto giuridico diverso rispetto al contratto di associazione.
Dalle dubbie conseguenze di cui si è detto, si evince che la tesi sopra prospettata costituisce, in realtà, un mero artificio che consente di stabilire che, in caso di fondazione istituita per testamento, con l’atto di fondazione è stato costituito un nuovo soggetto giuridico e con il separato e distinto atto di dotazione patrimoniale è conferita l’eredita o un legato al nuovo soggetto giuridico in precedenza costituito.
Tuttavia, a segnalare la scarsa attendibilità della teoria, contribuisce il fatto che la maggior parte delle disposizioni valevoli in materia di istituzione di erede o legato non valgono per la fondazione; così, ad esempio, nel caso in cui alla fondazione sia stato conferito il patrimonio del de cuius o una quota dello stesso la stessa non sarà chiamata a rispondere anche dei debiti personali del disponente.
La ragione della divergenza normativa è che l’atto di dotazione della fondazione ha una causa diversa rispetto all’istituzione di erede o di legato: il conferimento patrimoniale è l’elemento costitutivo di un atto complesso, la disciplina del quale mira al conferimento di beni per il raggiungimento di uno scopo di pubblica utilità.
Va, allora, nuovamente richiamato il carattere atipico delle disposizioni testamentarie avente un contenuto patrimoniale, considerando che, al di là dell’istituzione di erede o di legato, nel testamento possano esserci altri atti di disposizione patrimoniale.
L’istituzione di fondazione ha, comunque, in comune con l’istituzione di erede e di legato il fatto di essere un atto di liberalità e, quindi, è soggetta alle norme previste per l’istituzione di erede o di legato presi in considerazione come atti di liberalità (può menzionarsi, ad esempio, l’azione di riduzione a tutela della quota di legittima).
Inoltre, come tutti gli atti a causa di morte, l’efficacia dell’atto di fondazione resta subordinata all’apertura della successione.
Preme, al proposito, ricordare brevemente la distinzione tra validità ed efficacia dell’atto giuridico, per cui la prima incide la regolarità del negozio e la seconda la sua idoneità a produrre effetti.
Nel caso de quo può ritenersi che l’atto di fondazione valido diventi efficace, ossia inizi a produrre effetti, solo al momento dell’apertura della successione.
In conclusione, deve qualificarsi la disposizione di fondazione per testamento come l’oggetto di una disposizione a contenuto patrimoniale ex art. 587 co 1 c.c., in quanto per il tramite di essa il de cuius mira a destinare in tutto o in parte i suoi beni ad un fine di pubblica utilità. Non sembrerebbe corretto, quindi, utilizzare artifici astratti al fine di assimilare l’atto di conferimento patrimoniale all’istituzione di erede o di legato, dal momento che il conferimento è inscindibile dall’atto di fondazione, pena la perdita della ratio che lo sorregge.
Da quanto considerato deriva che l’atto di fondazione risulta soggetto ad una normativa tendenzialmente autonoma rispetto a quella concernente le altre disposizioni patrimoniali contenute in testamento, con la conseguenza che esso potrà considerarsi valido nel momento in cui i beni conferiti siano adeguati allo scopo che si vuole perseguire e vi siano i requisiti di validità richiesti con riferimento ad un atto di autonomia privata; la fondazione non potrà, quindi, a differenza di erede o legato, rinunciare all’attribuzione e, in definitiva, sarà inapplicabile ogni norma che presupponga la qualificazione della vicenda successoria come successione a titolo universale o la considerazione dei beni oggetto del conferimento come eredità.
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