La disciplina dei beni pubblici risiede ancora, nelle sue linee fondamentali, nel Codice Civile, agli artt. 822-831. Tali norme offrono una tripartizione dei beni pubblici tra beni demaniali, ben patrimoniali disponibili e beni patrimoniali indisponibili. Innanzitutto, sono beni pubblici i beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici; mentre i beni demaniali, elencati nell’art.822c.c., hanno la caratteristica di essere beni immobili o universalità di mobili che appartengono necessariamente, ai sensi dell’art. 824 c.c., ad enti territoriali (Stato, Regioni, Province Comuni).
I beni patrimoniali indisponibili possono essere sia beni mobili che beni immobili e possono altresì essere di proprietà di enti non territoriali (art. 830 c.c.); i beni patrimoniali disponibili, invece, sono individuati per differenza rispetto ai beni demaniali e dai beni patrimoniali indisponibili e a questi ultimi non si applica né il regime dei beni demaniali né il regime dei beni patrimoniali indisponibili. A prescindere dalle specificità di ciascuna categoria di bene pubblico in questione, tutti i beni pubblici risultano assoggettati ad un regime speciale che si differenzia, a volte anche solo parzialmente, da quello che si applica ai beni non pubblici, per ciò che riguarda, fra i vari aspetti, anche il profilo della loro alienazione. In ogni caso, i beni rientranti nel patrimonio pubblico, sia pubblici sia privati, sono amministrati dall’amministrazione finanziaria in conformità con quanto previsto dal R.D. 2440/1923, recante disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e della contabilità generale dello Stato e che impone il procedimento di evidenza pubblica. Segnatamente, gli artt. 3 e 6 della norma citata prevedono che i contratti dai quali derivi un’entrata per lo Stato siano preceduti da pubblici incanti, salvo i casi in cui sia prevista la licitazione privata ovvero, per speciali ed eccezionali circostanze, la trattativa privata. Per i contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato, invece, si deve procedere necessariamente mediante l’esperimento di una gara nella forma d’asta o della licitazione privata. Più specificamente, l’art. 37 del Regolamento attuativo della legge sulla contabilità dello Stato sopracitata conferma che tutti i contratti dai quali derivi un’entrata per lo Stato debbano essere preceduti da asta pubblica (pubblici incanti), fatti salvi i casi indicati da leggi speciali ovvero in disposizioni contenute nel Regolamento stesso. L’art. 38, n. 4, del Regolamento. Infatti, a titolo meramente esemplificativo, prevede che possa procedersi direttamente a licitazione privata per dare in affitto ad uso abitativo locali e non sia conveniente esperire previamente la procedura di asta pubblica.
In linea generale, comunque, può affermarsi che, per l’alienazione di beni pubblici, dovendosi procedere con un contratto, sia necessaria la procedura di evidenza pubblica (art. 36 Regolamento cit.), ossia quel procedimento amministrativo che accompagna la conclusione di un accordo con una Pubblica Amministrazione e attraverso il quale si forma la volontà della stessa. L’espressione “evidenza pubblica” è essa stessa evocativa di ciò in cui la stessa si sostanzia: rendere note le ragioni di pubblico interesse che giustificano la scelta di contrattare, la scelta della controparte e la formazione del consenso.
La normativa nazionale che disciplina il procedimento di evidenza pubblica, contenuta nei già citati R.D. 2440/1923 e nel Regolamento attuativo del 1924, assolveva preminentemente alla funzione di tutelare la P.A. affinché stipulasse il contratto migliore alle migliori condizioni.
Con la nascita e l’adesione all’Unione europea, invece, il procedimento di evidenza pubblica ha assunto un significato ben diverso.
Gli artt.101 e ss. del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già artt. 81 e ss. del TCE), infatti, impongono la tutela e la valorizzazione della concorrenza volte alla creazione del mercato unico e, assieme alla normativa europea emanata in ossequio ai suddetti princìpi dettati dal Trattato, vanno a modificare, altresì il contenuto del concetto di evidenza pubblica. Il procedimento di evidenza pubblica, infatti, non consiste più nell’esclusivo interesse della P.A. alla stipulazione del miglior contratto alle migliori condizioni, bensì alla garanzia che tutte le imprese con sede negli Stati membri dell’UE operino in assoluta par condicio tra loro, così assicurando il rispetto delle regole concorrenziali all’interno del mercato unico.
Si è già detto che la formazione della volontà negoziale della P.A. avviene attraverso il procedimento di evidenza pubblica; la struttura di tale procedura si articola nelle seguenti fasi: determinazione a contrarre, bando di gara, procedure di scelta del contraente, atto di aggiudicazione e stipula del contratto, approvazione ed eventuali controlli del contratto stipulato.
Fermo quanto già esposto, per quel che specificamente attiene ai contratti di alienazione di beni pubblici, dunque, che consistono in contratti da cui derivano entrate per lo Stato, la procedura imposta dalla legge consiste nell’asta pubblica. L’asta pubblica, dunque, costituisce il metodo ordinario di scelta dell’acquirente privato e ciò venne sancito già nell’art. 3 della L. 783/1908, recante l’unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato, nonché dal Regolamento esecutivo della stessa previsto dal R.D. 454/1909. Segnatamente, tale normativa va integrata, per l’appunto, con le disposizioni dettate dalla legge di contabilità di Stato (R.D. 2440/1923) e dal suo Regolamento (R.D. 827/1924), come sancito dall’art. 1 della stessa L. 783, in base al quale i beni patrimoniali dello Stato, disponibili per la vendita sono alienati “con le norme della presente legge e di quella per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”.
Le specifiche modalità con cui deve avvenire l’asta pubblica per l’alienazione dei beni pubblici sono esplicitate in dettaglio dagli artt. da 63 a 88; la licitazione privata invece, negli artt. 89 e 90, e la trattativa privata nell’art. 92. Per quanto riguarda nello specifico i beni immobili, pare opportuno ricordare che l’art. 65 del D.Lgs. 300/1999 è intervenuto, oltreché prevedendo norme sulla gestione degli stessi, sulla loro valorizzazione e modalità di valutazione estimativa, attribuendo all’Agenzia del demanio la competenza all’amministrazione degli stessi e, quindi, anche circa la loro alienazione.
Nell’ambito dei beni pubblici immobiliari, infatti, si è assistito ad una serie di interventi del legislatore finalizzati ad utilizzare il patrimonio immobiliare dello Stato nell’ambito delle politiche di riduzione del disavanzo del bilancio pubblico.
Le due direttrici nelle quali si è articolato l’intervento sono state quella, da un lato, della valorizzazione di un numero così sterminato – ma, del pari, poco valorizzato –di beni immobili pubblici e, dall’altro, della loro dismissione. Le modalità con cui si è sviluppato tale intervento di dismissione massiva degli immobili sono state principalmente la cartolarizzazione degli immobili e la creazione della società Patrimonio S.p.A.
La cartolarizzazione dei beni immobili pubblici consiste nella incorporazione del loro valore in strumenti finanziari da collocare sul mercato in modo da acquistare nell’immediato quella liquidità che tali beni sarebbero in grado di fornire solo in futuro. Quello che si ricava con la vendita di questi beni è destinato a remunerare i sottoscrittori di questi strumenti finanziari.
Ai fini della suddetta cartolarizzazione, è intervenuto il D.L. 35/2001, il quale , fra l’altro, ha creato un’apposita “società-veicolo” (SCIP), la quale, tramite l’emissione sul mercato di titoli finanziari, recepisce le risorse necessarie per pagare il prezzo dovuto per il trasferimento. Successivamente la SCIP vende gli immobili nel corso di aste pubbliche e utilizza il ricavato per rimborsare ai finanziatori l capitale investito.
Con il D.L. 62/2002, convertito nella L. 112/2002, è stata, invece, introdotta la società per azioni Patrimonio; e la missione istituzionale della suddetta società consiste proprio nella valorizzazione, gestione e alienazione dei beni statali.
La legge cit. prevede che alla Patrimonio S.p.A. possano essere trasferiti i diritti pieni o parziali sugli immobili appartenenti sia al patrimonio (beni patrimoniali), sia demaniali (beni demaniali) dello Stato. Il trasferimento de quo non determina, tuttavia, una privatizzazione sostanziale dei beni trasferiti, in quanto l’art. 7, comma 10, L. cit., prevede espressamente che il trasferimento dei suddetti beni non ne modifica il regime giuridico previsto dagli artt. 823 e 829 c.c.
Oltre alla cartolarizzazione ed alla valorizzazione-dismissione ad opera della Patrimonio S.p.A., il legislatore ha previsto alte forme minori di dismissioni dei beni pubblici e, tra le tante, è il caso di rammentare quelle in forza delle quali l’Agenzia del demanio è autorizzata a vendere a trattativa privata, anche in blocco, beni immobili dello Stato adibiti ad uffici pubblici.
Merita, infine, di essere ricordato il D.L. 98/2011 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria In particolare, l’art. 33 reca disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare, prevendo fra l’altro, in primo luogo, lo scioglimento e la messa in liquidazione della Patrimonio dello Stato s.p.a. (comma 8), oltre alla costituzione della società per azioni Investimenti immobiliari italiani società di gestione del risparmio, che è una società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze avente ad oggetto la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio realizzata attraverso la promozione, l’istituzione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti, la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento di propria o altrui istituzione e di altri organismi di investimento collettivo, italiani ed esteri, ivi comprese le funzioni di natura amministrativa, nonché la gestione di fondi immobiliari.
In conclusione, dunque, si può dire come, mentre le disposizioni generali dell’ordinamento in materia di contratti della P.A. affermano, come visto, il principio dell’asta, per i contratti di alienazione del patrimonio immobiliare dello Stato, ossia contratti attivi aventi ad oggetti beni immobili patrimoniali ovvero demaniali, il legislatore ha previsto procedure di scelta del contraente del tutto sui generis, tanto che, si potrebbe dire, le norme le quali prevedono il pubblico incanto hanno assunto oggi natura residuale, piuttosto che generale.
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