Ai sensi dell’art. 1173 c.c. le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.
Con la locuzione ‘responsabilità contrattuale’ si fa riferimento al rapporto giuridico intercorrente tra le parti che hanno stipulato un contratto tipico nominato, o anche atipico e innominato, sempre che sia diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c. Le parti si obbligano vicendevolmente a rispettare le obbligazioni derivanti dall’accordo e diventano responsabili del loro adempimento. In particolare, il debitore assume l’obbligo di eseguire una prestazione suscettibile di valutazione economica e corrispondente anche a un interesse non patrimoniale del creditore. Il contratto sottoscritto è fonte di responsabilità giuridica per entrambi in quanto ha per esse valore di legge.
Accanto alla responsabilità contrattuale il legislatore tipizza, mediante gli articoli 1337 e 1338 c.c., la responsabilità pre-contrattuale, ovvero quel rapporto giuridico che intercorre tra le parti nel corso della preparazione e predisposizione del successivo contratto, fase durante la quale i futuri contraenti devono agire in buona fede, ovvero con lealtà e correttezza, comunicando reciprocamente le possibili cause d’invalidità conosciute o conoscibili, incorrendo diversamente in obblighi risarcitori.
Le trattative assurgono, pertanto, a vero e proprio rapporto giuridico tra le parti, le quali sono tenute a precisi obblighi, benché non ancora vincolate dalla legge del contratto.
Peraltro, è opportuno ricordare come anche la responsabilità contrattuale sia caratterizzata da obbligazioni accessorie, che, seppur non previste espressamente nel regolamento negoziale, vincolano le parti in quanto legislativamente poste, quali l’obbligo di eseguire il rapporto in buona fede, come sancito dall’art. 1375 c.c.
Con la locuzione ‘responsabilità civile’ deve intendersi l’obbligazione che discende dalla commissione di fatti illeciti, posto che, ai sensi dell’art. 1173 c.c., sono fonti delle obbligazioni non solo i contratti, e ogni altro atto o fatto idoneo a produrle, ma anche i fatti illeciti.
La responsabilità civile, disciplinata dal legislatore agli articoli 2043 e ss c.c., si caratterizza per la realizzazione di un condotta non iure, ovvero non ammessa e tutelata dall’ordinamento, dalla quale derivi un danno contra ius, cioè un pregiudizio ingiusto, in quanto non sopportabile dalla vittima alla luce delle disposizioni normative vigenti.
Ai sensi dell’art. 2043 c.c., rubricato “Risarcimento per fatto illecito”, chi realizza un fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto è tenuto al risarcimento del danno.
Negli articoli successivi al 2043 c.c. il legislatore tipizza diverse fattispecie di responsabilità extracontrattuale, vere e proprie applicazioni speciali del principio del neminem laedere, integranti pur tuttavia, in alcuni casi, ipotesi di responsabilità semi-oggettiva, come gli articoli 2047 e 2048 c.c., ovvero vere e proprie fattispecie di responsabilità oggettiva, come l’art. 2050 c.c.
Le due responsabilità, che si distinguono per la fonte da cui trovano scaturigine, quella contrattuale dalla sottoscrizione di accordi negoziali, mentre quella extracontrattuale dalla commissione di fatti illeciti, presentano evidenti differenze, ma anche alcune interferenze.
Per quanto riguarda le differenze, è opportuno precisare come la responsabilità contrattuale può essere azionata con strumenti che, salvo l’azione diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità del negozio, si prescrivono secondo il regime ordinario decennale, mentre il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno di verificazione del fatto, salvo che si tratti di risarcimento del danno conseguente la circolazione di autoveicoli, fissato dal legislatore in due anni, come si evince dal comma due dell’art. 2947 c.c.
Altra differenza tra le due forme di responsabilità attiene all’onere probatorio, più mite nel caso di azioni inerenti la responsabilità contrattuale, in quanto caratterizzato solo dalla prova dell’inadempimento, mentre la prova inerente la patologia del rapporto negoziale è a carico del debitore; più gravoso nella responsabilità extracontrattuale, ove il danneggiato deve provare il danno, nelle componenti sia dell’an sia del quantum, oltre che la sussistenza del nesso eziologico tra condotta non iure e danno contra ius, unitamente all’elemento subiettivo del fatto illecito, sempre che non ricorra una fattispecie di responsabilità oggettiva.
Se da un lato la responsabilità extracontrattuale ha un termine prescrizionale più breve, invero dimidiato rispetto al termine ordinario, dall’altro, essa pone a carico del creditore un onere probatorio ben più gravoso rispetto a quello imposto dal legislatore nella responsabilità contrattuale.
Peraltro, è necessario tenere presente che, nel caso in cui il fatto cagionante il danno ingiusto integri una fattispecie di reato, la prescrizione non è più quinquennale, ma pari a quella fissata dal legislatore per la prescrizione del reato, se questa supera i cinque anni.
Orbene, rilevate le differenze tra le due forme di responsabilità, si prenderanno in considerazione, nel prosieguo, le interferenze.
In entrambe le responsabilità è prevista una tutela risarcitoria, da un lato per colui che è stato vittima dell’inadempimento, o di ritardato adempimento, dall’altro, per colui che ha subito un danno ingiusto in seguito a un fatto illecito doloso o colposo altrui.
Orbene, una prima interferenza tra le due responsabilità consiste nella valutazione del danno, che deve avvenire, stante il rinvio espresso contenuto nell’art. 2056 c.c., secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., predisposti dal legislatore per le obbligazioni in generale.
Come il danno da inadempimento contrattuale è risarcibile solo se conseguenza immediata e diretta del mancato adempimento, così anche il danno contra ius, previsto dall’art. 2043 c.c., è risarcibile solamente se conseguenza immediata e diretta del fatto illecito doloso o colposo. Preme rilevare, comunque, come la migliore dottrina e la prevalente giurisprudenza di legittimità abbiano ammesso la risarcibilità anche dei danni mediati, purché avvinti al fatto da un nesso di prevedibilità e di causalità.
Come per la responsabilità contrattuale, così anche nella responsabilità ‘aquiliana’, il danno, se non può essere provato nel suo preciso ammontare, può essere liquidato in via equitativa dal giudice, come l’art. 1226 c.c. prescrive per le obbligazioni in generale.
Infine, come nella responsabilità contrattuale, così anche nella responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’art. 1227 c.c., se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Anche nella responsabilità extracontrattuale il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
Altro punto d’interferenza tra le due forme di responsabilità consiste nella risarcibilità del danno non patrimoniale, posto che, sia l’inadempimento contrattuale, sia il fatto illecito commesso in violazione del principio del neminen laedere, sono fonti di danni non solo patrimoniali, in quanto potenzialmente attingenti l’integrità fisica, la salute, piuttosto che l’integrità psichica e morale del creditore -vittima.
La risarcibilità del danno non patrimoniale, in seno alla responsabilità contrattuale, ha trovato stura nell’evoluzione pretoria, la quale, a partire dalle sentenze della Suprema Corte nn. 8827 e 8828 del 2003, ha ammesso la risarcibilità del danno non patrimoniale non solo in caso di reato, come il testo dell’art. 2059 c.c. farebbe presumere, ma anche per il danno conseguente alla violazione di diritti di rilevanza costituzionale.
Di recente, la Suprema Corte ha statuito come l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria possa cagionare un danno anche non patrimoniale, oltre ovviamente a quello dovuto al mancato incasso della somma pattuita, stante il rilievo costituzionale attribuito al diritto di autodeterminazione negoziale delle parti di un rapporto obbligatorio.
Ecco allora che, oltre alla determinazione del danno risarcibile, la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale hanno in comune la risarcibilità del danno non patrimoniale.
Da ultimo, ma per questo non meno importante, è la questione vertente sulla contestuale esistenza della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in relazione ad un medesimo.
La dottrina e la giurisprudenza di legittimità sono d’accordo nello statuire che il creditore di un’obbligazione contrattuale, che sia vittima di un inadempimento contrattuale integrante altresì un illecito extracontrattuale, potrà cumulare nel giudizio risarcitorio entrambe le azioni, nel rispetto dei relativi oneri probatori e termini prescrizionali, oltre che di eventuali termini decadenziali. Ovviamente il danno risarcibile, se conseguenza di un atto integrante sia un inadempimento contrattuale, sia un illecito aquiliano, dovrà essere liquidato dal giudice, evitando una overcompensation, tenuto altresì conto che, ai sensi dell’art. 23 Cost, nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
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