Con la sentenza indicata in premessa il Consiglio di Stato ha precisato la natura giuridica ed i limiti dei poteri del commissario ad acta rispetto a quelli della P.A. inerte indicando il seguente principio di diritto:
Gli atti del commissario ad acta nominato nello speciale rito avverso il silenzio della p.a. possono essere contestati dalle parti del giudizio solo dinanzi allo stesso giudice che ha nominato il commissario, attraverso lo strumento del reclamo di cui all’art. 114, comma 4, c.p.a.; non possono invece essere annullati in autotutela dall’Amministrazione
Il principio si applica, a parere di chi scrive, non soltanto nell’ipotesi in cui la P.A. sia rimasta silente e sia stato nei suoi confronti attivato lo speciale rito previsto dall’art. 117, comma 3, c.p.a. ma anche con riguardo all’ipotesi in cui, introdotto il giudizio di ottemperanza per effetto del mancato adeguamento della P.A, agli obblighi imposti dal giudice, si sia provveduto a nominare un commissario ad acta al fine di consentire alla parte vittoriosa di ottenere l’effetto conformativo non ottenuto con la sentenza di condanna.
La sentenza in argomento ha innanzitutto chiarito che il il commissario è un ausiliario del giudice e non un organo straordinario dell’amministrazione, ragione per cui i suoi atti possono essere messi in contestazione solo in un ambito giudiziale attraverso lo speciale strumento di cui all’art. 114, comma 4, c.p.a., disposizione che trova applicazione nel caso di specie perchè implicitamente richiamata dal comma 4 dell’ art. 117 (“il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario”)
Diretta conseguenza del principio appena esposto è la preclusione all’utilizzo del potere di autotutela da parte della P.A.. Infatti gli atti commissariali non sono da considerarsi espressione della potestà amministrativa ma conseguono “al rilievo giurisdizionale di un illegittimo esercizio di tale potestà o di un’illegittima omissione di tale doveroso esercizio”.
L’Amministrazione sostituita, pertanto, non viene indebitamente “espropriata” del potere di autotutela, che, nel caso degli atti commissariali, non le compete, avendo, al contrario la facoltà, propria di una parte processuale, di attivare l’apposito rimedio del reclamo.
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