La corposa e complessa sentenza della CEDU CASE OF VAVŘIČKA AND OTHERS v. THE CZECH REPUBLIC sugli obblighi vaccinali dei minori può essere occasione per riflettere sull’attuale stato della normativa sul tema nel nostro Paese a seguito dell’entrata in vigore del d.l. 1° aprile 2021 n. 44 che, come è noto, ha generalizzato l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, dettando una disciplina finalizzata a limitare le ipotesi di sospensioni ai casi nei quali non sia possibile adibire il lavoratore ad altre mansioni, anche inferiori (art. 4); la normativa in questione ha anche inciso in maniera consistente sulla disciplina in tema di consenso alla somministrazione dei vaccini in favore dei soggetti incapaci (art. 5), attraverso una modifica dell’art. 1-quinquies del d.l. 18 dicembre 2020 n. 172, conv. con l. l. 29 gennaio 2021 n. 6: la scelta del legislatore è stata nel senso di indicare la somministrazione del vaccino come “atto sanitario” e ciò anche in assenza di una condizione patologica (vedasi sul punto Corte cost., 22 giugno 1990 a proposito del fatto che la risposta immunitaria mira (anche) a preservare la salute del destinatario della vaccinazione perché un trattamento siffatto è diretto a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato).
Le 129 pagine della CEDU si muovono innanzitutto nel senso di valorizzare il diritto all’integrità fisica dei singoli come facente parte della loro sfera privata cui non può essere imposto un obbligo di cura se non attraverso un bilanciamento di altri valori fondamentali della persona. Ne deriva che l’obbligo vaccinale può discendere dalla necessità di proteggere dalle malattie gli altri consociati determinando un’interferenza nella vita privata dei singoli che sia proporzionale al fine in concreto perseguito (par. 273).
La sentenza in argomento aggiunge sotto questo profilo un ulteriore principio, quello in base al quale, fermo restando il compito prioritario delle autorità nazionali di esprimere il giusto bilanciamento tra le esigenze in gioco, soprattutto con riguardo alla concreta situazione sanitaria che può venire in considerazione, l’intervento della Corte di Strasburgo ha natura sussidiaria e opera nella cornice dell’art. 8 della convenzione e del necessario margine di apprezzamento degli Stati.
Vengono perciò evidenziati i seguenti elementi di fatto e di diritto che giustificano la compressione della sfera privata dei singoli: a) nessuna vaccinazione è somministrata contro la volontà dei destinatari; b) esiste un generale consenso internazionale sul fatto che la vaccinazione sia uno degli strumenti più efficaci per la protezione della salute c) gli Stati membri tendono ormai – quasi tutti – a spostarsi verso il polo dell’obbligatorietà vaccinale.
In tale contesto, l’esigenza di solidarietà giustifica l’imposizione del minimo rischio derivante dalla somministrazione della vaccinazione. Ciò appare a maggior ragione rilevante per quanto riguarda i minori , a fronte della protezione per gli altri membri, più vulnerabili, della collettività.
Sul piano, quindi, della proporzionalità, la sentenza in rassegna esamina la disciplina della Repubblica ceca, rilevando: a) che l’obbligo di vaccinazione previsto – in casi adeguatamente apprezzati, quanto all’efficacia e sicurezza della vaccinazione stessa – non è assoluto, in quanto è prevista un’esenzione ove risultino permanenti controindicazioni; b) che non è da considerarsi rilevante la questione del modo in cui le autorità domestiche interpretano i limiti di siffatta esenzione; c) che la sanzione prevista per il caso di inosservanza dell’obbligo è di carattere amministrativo, di entità contenuta e può essere imposta una sola volta; d) che anche il sacrificio dei minori esclusi dalla possibilità di partecipare alla vita scolastica e al connesso percorso di sviluppo della personalità è null’altro che l’effetto della scelta dei loro genitori di sottrarsi all’adempimento di un dovere posto nell’interesse della collettività ( par. 306).
La questione delle possibili controindicazioni della vaccinazioni – rare, ma certamente esistenti e anche caratterizzate da significative conseguenze sulla salute dei destinatari – è, infine, esaminata, osservando che la necessità di assumere adeguate precauzioni è assicurata proprio dai protocolli interni che prevedono l’intervento di operatori sanitari e la verifica dell’assenza di profili di rischio specifico nonché, a monte, di adeguate procedure di accertamento della idoneità dei vaccini.
Nel par. 302 la Grande Camera esamina la questione dell’esistenza di meccanismi di compensazione, fondati su presupposti non legati a profili di colpa nella somministrazione, dei danni alla salute scaturiti dalle vaccinazioni. Viene richiamata la giurisprudenza della stessa Corte (Corte eur. diritti dell’uomo, 12 marzo 2013, Baytüre e altri c. Turchia) e della Corte costituzionale italiana sopra ricordata, per sostenere che l’esistenza di siffatti meccanismi è uno degli elementi che contribuisce alla complessiva tenuta del bilanciamento operato dal sistema.
In conclusione, la Grande Camera ha ritenuto che la valutazione delle autorità interne sul punto doveva essere ritenuta condivisibile non potendosi ritenere persuasivo il richiamo dei ricorrenti alla ricorrenza delle garanzie previste dall’art. 9 CEDU.
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