Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 14842 del 7/06/2018, si sono espresse sulla competenza territoriale in tema di responsabilità dei magistrati, argomento di particolare rilevanza sia sotto il profilo strettamente tecnico che con riguardo a quello socio – politico.
Come è noto, la soggezione del giudice alla legge prevista dall’art. 101 dalla Carta costituzionale, rappresenta il presupposto giuridico per la possibile affermazione, oltre che dell’autonomia e dell’indipendenza da ogni altro potere dello Stato, di una responsabilità verso i terzi a fronte di violazioni che possano essere produttive di danno.
La responsabilità del magistrato viene a delinearsi non soltanto in relazione alla violazione delle regole che disciplinano le concrete modalità di svolgimento della funzione giudiziaria ma anche (e soprattutto) con riguardo all’inosservanza degli obblighi legali, inerenti l’esercizio dell’attività stessa.
La disciplina speciale apprestata dalla legge istitutiva della responsabilità civile dei Magistrati (legge n. 117/1988) ha come oggetto esclusivo l’azione risarcitoria per il pregiudizio cagionato da un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni.
La sentenza che si commenta si è espressa, nello specifico, sul tema del risarcimento danni chiesto dalla ricorrente che aveva convenuto in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi della legge 117, artt. 2 e 4, conseguente al comportamento, asseritamente doloso e/o colposo di alcuni magistrati del Tribunale e della Corte di Appello di Cagliari, nonché della Corte di Cassazione.
La Corte ha dovuto esprimersi su di una questione di rilevante importanza circa l’individuazione del giudice competente per territorio nelle cause di responsabilità civile promosse nei confronti dei magistrati della Corte di Cassazione, ai sensi della citata l. n. 117/1988.
In prima istanza, la Corte di Cassazione si era espressa sull’applicabilità o meno dell’art. 11 c.p.p. ai magistrati della Corte di Cassazione.
La predetta norma prevede che: “Lo spostamento della competenza per territorio, previsto dal comma 2 dell’art. 11 c.p.p. per i procedimenti connessi a quello che riguarda un magistrato (sia questi indagato o imputato, persona offesa o danneggiata dal reato) permane anche nel caso di successiva archiviazione nei confronti del magistrato stesso.”
Sull’applicabilità del citato spostamento di competenza la Corte ha subito richiamato una prassi giurisprudenziale ormai pacifica, in base alle quali si è esclusa l’applicazione dell’articolo 11 c.p.p. poiché attinente la sola competenza per materia e non anche la competenza per territorio.
Una volta stabilita l’inapplicabilità dell’art. 11 c.p.p. la Corte ha altresì individuato i criteri attraverso i quali attribuire la competenza per territorio nelle cause di responsabilità civile dei magistrati qualora la domanda abbia ad oggetto contemporaneamente più magistrati di merito e di legittimità.
In merito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che:
“Nei giudizi di responsabilità civile promossi contro lo Stato, ai sensi della L. 17 aprile 1988, n. 117, per il risarcimento dei danni conseguenti a comportamenti, atti o provvedimenti posti in essere da magistrati con dolo o colpa grave nell’esercizio dello loro funzioni, quando più giudici, di merito e di legittimità, cooperino a fatti dolosi o colposi anche diversi nell’ambito della stessa vicenda giudiziaria, la causa è necessariamente unitaria e la competenza per territorio deve essere attribuita per tutti in base al criterio di cui all’art. 11 c.p.p., richiamato dalla L. n. 117 del 1988, art. 4, comma 1; qualora, invece, tale giudizio abbia ad oggetto solo i comportamenti, atti o provvedimenti dei magistrati della Corte di Cassazione, non applicandosi in tal caso lo spostamento di competenza previsto dal citato art. 11 c.p.p., la competenza per territorio è attribuita secondo la regola del forum commissi delicti, sicchè spetta in ogni caso al Tribunale di Roma, ai sensi dell’art. 25 c.p.c., quale foro del luogo in cui è sorta l’obbligazione”.
Ne deriva che, nel caso in cui l giudizio di responsabilità abbia ad oggetto una medesima vicenda e coinvolga l‘operato di giudici di merito e di giudici della Corte di cassazione, lo spostamento di competenza di cui alla L. n. 117 del 1988, art. 4, comma 1, si applica, in via eccezionale, anche ai giudici di legittimità, trattandosi di una competenza unica e inderogabile, tale da non consentire al danneggiato alcuna facoltà di scelta.
Per quanto attiene ai giudici di legittimità la Corte in conformità con la legge vigente, ha sancito che:
“La premessa, alla stregua di quanto detto fin qui, è che lo spostamento di competenza dettato dall’art. 4, comma 1, citato non può valere nei confronti dei magistrati della Corte di cassazione, né in via di interpretazione analogica né estensiva. La soluzione deriva da quanto si è detto in precedenza in ordine alla mancanza di riferimento e collegamento della Corte di cassazione con il distretto della Corte di appello di Roma.”
Sempre in tema di responsabilità civile, è stata, di recente, rimessa alle Sez. unite della Cassazione la questione della responsabilità civile del magistrato per inosservanza di orientamento giurisprudenziale consolidato. Trattasi di una questione particolarmente delicata che rileva sotto lo specifico profilo della « grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile» e che investe il Supremo Collegio dell’interpretazione da dare alla cosiddetta clausola di salvaguardia contemplata dalla legge 13 aprile 1988 n. 117 («nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove») e cioè cosa si intenda per attività interpretativa insindacabile.
Definire infatti cosa è «grave violazione di legge» o «violazione manifesta della legge» è fondamentale al fine di comprendere a quali condizioni l’inosservanza di orientamento giurisprudenziale consolidato può costituire un illecito giudiziario.
A tal riguardo appare importante fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia EU che ha definito, nel caso Köbler, cosa può intendersi per violazione manifesta del diritto dell’Unione europea, anche se nella responsabilità euro-unitaria non vengono in rilievo le salvaguardie che presiedono alla funzione giudiziaria perché si tratta della responsabilità dello Stato nella sua unità, in modo indipendente dall’organo che agisce, tanto che è prevista anche la responsabilità per omissione o cattivo esercizio della funzione legislativa con riferimento all’attuazione di direttive. La responsabilità non è dell’organo (giudiziario o legislativo) ma dello Stato nella sua unità quale membro dell’Unione europea, ragione non rilevano le guarentigie poste a protezione della funzione istituzionale dell’organo, legislativo o giudiziario.
La questione posta all’attenzione dell’alto Consesso non è quindi quella di accertare quando ricorra un orientamento giurisprudenziale consolidato ricavandone la responsabilità del magistrato in caso di mera inosservanza. ma a quali condizioni tale inosservanza si sia tradotta in una violazione manifesta della legge, dunque, in un’aperta e macroscopica violazione del dettato normativo.
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